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giovedì 8 ottobre 2020

Sogno di Profeta 05


Forse che in ogni uomo si nasconda un Matto?  O voglio solo giustificar me stesso?





Mossi il primo passo nel momento in cui la nobile figura del Signore di Loin scompariva all’interno della carrozza, ma volli ancora cercare lei .
Mi voltai a scrutare ancora tra le assi, ma lei era ormai fuori dal teatrino.

Teneva nella mano sinistra il pupo che rappresentava il matto.Mi teneva sospeso sopra una pozza di fango.
Nella mano destra teneva un paio di forbici pronte all’uso.

Mi guardò negli occhi e con il volto inespressivo tagliò i fili del burattino.
Vidi il pupo, me stesso, affondare lentamente nel fango.

Lei entrò nel carrozzone dell’Artista, io salii in carrozza.

Seduto in quel trasporto foderato di velluto, scrutavo il volto del nobile Signore.Non avevo memoria di lui. Sul suo volto un sorriso strano, un sorriso forzato tuttavia divertito.
Il silenzio era rotto solo dal rumore degli zoccoli e dal cigolare della carrozza.

Un silenzio malato, pesante. Un silenzio quasi solido, sembrava che l’aria in quell’ angusto spazio fosse più densa che altrove.

Ruppe il silenzio la stridula voce del suo ospite: 
“Dunque non ti ricordi chi io sia. E come potresti? Quando tu eri ancora il legittimo erede delle terre di Blau io ero solo il figlio del Fattore. Ora guardaci, io Signore delle terre di Loin e tu.. Già… E tu cosa sei? Cosa sei diventato in questi anni? Sentivo dai villici parlare di un Matto che girava per queste terre, mai avrei pensato fossi proprio Tu.”

Quelle parole attraversarono il mio cranio con una fitta dolorosa.
 Portai le mani alle tempie come a trattenere qualcosa che pulsava all’interno e volesse esplodere da un momento all’altro.
Immagini sfocate quanto vivide apparirono a me.
Con gli occhi della mente vidi me ragazzino stretto al grembo di mia madre. 
Vidi poi me giovincello tirare i primi colpi di spada con mio padre, il Signore di Blau. 

Poi vidi me stesso in argentea armatura partire al seguito di Alice, io ero il suo Cavaliere, il suo Campione e l’avrei difesa a costo della vita, ma dove la dovevo condurre? 

Fu una buca a riportarmi nel presente. Una ruota ci finì dentro e lo scossone mi distolse da quelle visioni.  Sentii una goccia di sudore scendere a solcar la mia guancia destra. Parlai senza averne coscienza:
“ Non so cosa sono. Non più. Partito per non so dove a protegger della fanciulla il viaggio, mi ritrovo qui senza saper come e perché. Vedo Lei al seguito di un saltimbanco che i villici chiamano Artista, e non mi capacito.”

Interruppi il mio dire per scrutare il volto tirato eppur divertito del mio curioso astante poi conclusi:
“Altro non so. La gente mi chiama Matto e questo è tutto. “


Vostro Profeta Immemore

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