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giovedì 8 ottobre 2020

Sogno di Profeta 07


Esiste un limite alla pazzia?




Comodamente affondato in quel morbido sedile, indugiavo in quel dipinto.
Mi guardavo timonare mentre la via voce cantante si perdeva nel frastuono
del mare in tempesta.
Lacrime più salate di quel mare ostile solcavano il mio volto, ma il timone restava saldo nelle mie mani.

Il legno del castello di poppa aveva smesso di scricchiolare, il rumore che ora emetteva somigliava ad un gemito di dolore.
Il veliero soffriva con me .
In quel gemito, la voce di mille anime in pena. Tutte con la stessa mia pena.

La pena per l'Amor perduto.

Ero ancora seduto in quella ospitale stanza, presi ancora un frutto dal quel cesto generoso, lo addentai voglioso scoprendolo dolcissimo al palato, ma gli occhi tornarono al dipinto, la mente su quel veliero, il cuore verso Alice.

Mi trovavo ancora al timone, lottavo contro quella furia immane eppure davanti ai miei occhi il ricordo di Lei così vivo, così reale.

La rividi sposa sorridere a quel biondo e altero  Principe che tanto l'aveva corteggiata.
La rividi persa in quell'Amore per lei vero e profondo.
La rividi raggiante in dolce attesa e poi orgogliosa con la sua piccola attaccata al seno e poi ancora ...

In lacrime dal suo Amore tradita.

E rividi il suo sorriso spegnersi nella notte più cupa, nel terrore più nero, nella solitudine assoluta.
Tradita e derisa. Come aveva potuto lui, il suo grande amore, tradirla con la sua stessa cugina.
Si ribellò a quell'onta e in cambio ne ebbe percosse e scherno.

Il suo Principe era ora solo il suo Padrone.
Lei ormai non contava più nulla per lui, relegata al ruolo di madre e percossa ad ogni parola di troppo.
La piccola Soledad era la sua unica ragione di vita, l'unico motivo per il quale rimase nel suo misero ruolo impotente agli eventi.

Su quel veliero, disperso in un mare sconosciuto, la mia pazzia ricostruiva il di Lei vissuto, le immagini si confondevano nei miei folli occhi poi sentii una sostanza viscosa alla mano destra, non era acqua, aveva una consistenza diversa e chinai il capo a guardarla.

Non il timone stringevo bensì una coppa argentea finemente elaborata.
Ancora seduto in poltrona la stringevo così forte che la preziosa arte orafa penetrava le mie carni. Vedevo il sangue colare sul tappeto senza allentare la stretta.

Il volto di Alice era tornato a guardarmi in quel dipinto. Il suo sorriso mi calmò e lentamente lasciai cadere in terra l'insanguinato calice.

Un'onda mi coprì completamente, mi sembrò di soffocare.
Svenni, almeno credo di essere svenuto. Il primo ricordo che ho del dopo è il gracidare di Giona mentre mi benda la mano:
"Signore dovreste fare più attenzione con certi oggetti, avete macchiato di sangue il tappeto, la Signora non ne sarà contenta."

Già. Non ci pensavo più. Il Signore di Loin aveva moglie.
Forse era giunto il momento di conoscere la Nobile Signora che aveva fatto del figlio di un fattore il Signore di quelle terre.


Vostro Profeta bendato

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